Maria Rachele Ruiu si racconta: come la difesa della vita sfida anche l'Ideologia gender
Valori, famiglia e identità
Oggi abbiamo il privilegio di intervistare Maria Rachele Ruiu, attivista impegnata da anni nella difesa dei diritti della vita e della famiglia, nonché referente dell’associazione Pro Vita e Famiglia. Maria Rachele è una delle voci più autorevoli nel panorama italiano dell’attivismo pro vita, un tema su cui si è distinta non solo per la passione, ma anche per la fermezza con cui porta avanti la sua battaglia. In questa intervista ci spiegherà le motivazioni che la spingono ad affrontare ogni giorno le sfide del suo impegno, le difficoltà incontrate lungo il cammino e le sue visioni per il futuro.
Una conversazione che ci aiuterà a comprendere meglio come l'attivismo possa trasformarsi in un motore di cambiamento sociale, per una società più attenta e rispettosa dei valori fondamentali della vita e della famiglia.
Puoi spiegarci cosa significa oggi difendere la vita? E quale ruolo giocano in questo la questione Gender e trans?
Una società che non sia in grado di difendere il diritto alla vita di tutti non è una società giusta. A me stupisce, per esempio, come alcuni non comprendano che l’utero in affitto è una diretta conseguenza del famigerato “diritto” all’aborto: da progetto personale a prodotto il passo è stato veloce. Detto questo, è evidente quanto la minaccia alla Vita e alla famiglia siano due facce della stessa medaglia, attaccate da una società senza limiti che, svuotando di significato i valori su cui si fonda, rischia di non essere più capace di guardare al Bene Comune. Dopo aver messo in crisi, anzi mentre tenta di sfasciare la famiglia, modello d’amore che genera e custodisce la vita, luogo in cui si esperiscono l’amore incondizionato, l’accoglienza dell’alterità, i limiti e i confini, oggi il movimento woke/gender sta tentando di riscrivere la natura stessa dell’uomo, promuovendo una visione ideologica che scalza la realtà con il mondo delle idee. Il gender è una sciagura per le donne, attaccate perché hanno in sé la matrice della vita, per gli uomini, indicati come mostri, brutti e cattivi da rieducare, ma soprattutto per i nostri giovani più fragili che sono man mano convinti a pensare di essere nati sbagliati e che per essere accettati, accolti, amati, cioè per esser felici, devono far di tutto per assomigliare a quello che non sono, mutilare i loro corpi sani e dipendere a vita da medicinali. E’ di una crudeltà impressionante. Come uccidere un essere umano innocente, per superare qualsiasi difficoltà.
Il Gender è contrario alla vita secondo te? E perché?
Il gender distrugge le persone. Ciascun uomo, ciascuna donna ha un bisogno: essere riconosciuto, amare ed essere amati per quello che si è. Fragili, limitati ma non inadeguati. Il grande invece ti dice che sei nato sbagliato, da correggere, da modificare come se fossi un mobile. Questa frammentazione per cui si nega che l’umanità si divide in maschi e femmine, in cui si nega che l’uomo e la donna siano anche il loro corpo, questa separazione tra la sessualità e la persona, impedisce di sapere chi sei e se tu non sai chi sei, se non puoi sapere chi è l’altro, come fai ad entrare in una relazione autentica? E così l’amore è derubricato ad un guazzabuglio di pretese, diventa un’avventura, un sentimento che dipende da come ti senti, cioè instabile e superficiale. E non potendo andare in profondità, invece di essere il luogo di accoglienza, in cui si fa spazio all’altro, diventa pretesa di soddisfazione individuale.
Per capire quanto si sta sacrificando sull’altare dell’inclusività woke transumanista, basti pensare che oggi è diventato eversivo rispondere alla domanda: che cosa è una donna? Non a caso, il gender è feroce proprio con le donne, e con la maternità in particolare: ci hanno fatto credere che indicare gli uomini come nemici e rifiutare il nostro essere donne, e soprattutto mamme, sarebbe stata la chiave giusta per riscattarci, da alcune indubbie, ingiustizie subite, e invece siamo rimaste sole, arrabbiate. Questo è il motivo per cui l’attacco alla vita e alla famiglia sono strettamente connessi. Sì, il gender è contrario alla vita perché nega l'identità maschile e femminile, nega la fecondità di questa differenza, smarrisce la verità sull'uomo e sulla donna e priva i giovani la possibilità di costruire relazioni autentiche e feconde. È un attacco feroce alla natura stessa dell’uomo.
Qual è il problema degli studi legati al Gender e della relativa educazione Gender?
Che sono una sperimentazione di massa fallita, che ferisce i più fragili.
L’approccio gender, cioè l’approccio affermativo, o protocollo olandese, quindi la transizione sociale, di cui la carriera alias nelle scuole ne è un aspetto decisivo, la somministrazione di triptorelina - cosiddetti bloccanti della pubertà, a cui seguono di norma la transizione ormonale, con la somministrazione degli ormoni cross-sex, e la transizione chirurgica, sono il bene dei nostri figli più fragili? No, e non lo dice Pro Vita e famiglia ma le analisi e revisioni sistematiche di letteratura, la verifica dei protocolli attuati e dei risultati ottenuti e della popolazione trattata: ovunque si siano raccolti i dati, si sta vietando l’uso di bloccanti puberali e ormoni cross sex sui minori e si suggerisce di non procedere neanche con la transizione sociale. Italia si continua a vendere l’approccio affermativo come la panacea di tutti i mali delle nostre figlie e dei nostri figli? Anche qui l’indottrinamento gender la sta facendo da padrona nelle scuole, come sui media, e a pagarne il prezzo amaro sono sempre più ragazze, e alcuni ragazzi, che si convincono di essere nate sbagliate, nel corpo sbagliato, e che la transizione sia la soluzione più valida ai loro dolori, alle loro angosce, alla loro ricerca di verità che caratterizza l’adolescenza.
E’ necessario ribadire che l’approccio di genere che avrebbe dovuto portare felicità è fallito, tracollato sulla pelle dei più fragili e impedire che venga propagandato, insieme alle sue bugie, innanzitutto nelle scuole. E rispondere a questa confusione creata dai media, dai social con prudenza: accogliendo il dolore, indagando le radici, accompagnando i ragazzi, facendo gli adulti, cioè indicando i confini e avendo il coraggio di dire no.
E necessario che il dibattito torni sul piano della realtà, come per l’aborto del resto.
Hai mai vissuto discriminazioni nella società o nella vita quotidiana a causa della tua posizione pro-life e sul Gender?
Sì, certamente. Sono state fatte delle vere e proprie campagne di diffamazione, siamo stati minacciati di morte, siamo stati insultati. Lo scorso anno hanno provato a dar fuoco alla nostra sede, e anche quest’anno hanno provato a sfondare il cordone della polizia cantando dolci slogan “i provita si chiudono con il fuoco, ma con i provita dentro senno è troppo poco”. Ogni tanto guardo i miei figli e spero che io possa testimoniargli ogni giorno quello che mi muove, e così rispondere con i fatti alle bugie, diffamazioni, attacchi che prima o poi leggeranno sul web. Ma queste intimidazioni non mi e non ci fermano. Anzi! La rabbia e la violenza d chi ci attacca è motore di un impegno sempre più convinto e dimostra che questa ideologia che vorrebbero venderci, vendere ai nostri figli, certamente non porta alla felicità. Anzi.
Cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada?
Il mio impegno "pubblico" è nato tantissimi anni fa mentre collaboravo con un’associazione che sosteneva la maternità con due braccia operative: una casa famiglia che ospitava donne che altrimenti non avrebbero potuto portare avanti la gravidanza e percorsi di accompagnamento per donne che, abbandonate a loro stesse (“è una tua scelta”) e creduto a grandi bugie ("non è nulla, puoi tornare indietro “) avevano abortito. Io non ho mai incontrato in nessun altro volto le lacrime che ho visto solcare quei visi, ma una frase mi “svegliò”: "se avessi saputo come sarei stata, che avrei ricordato sempre il giorno in cui sarebbe nato, e il giorno in cui ho abortito, avrei valutato altro". Questo "se avessi saputo" mi ha rimbombato nel cuore da subito, e mi rimbomba tutt'oggi: dov’ero io quando a quella donna veniva raccontata la bugia del “grumo di cellule”? Del “puoi tornare indietro”? Dove ero quando sono state spinte all’aborto? Dove voglio essere quando viene negato il fatto che l’aborto sia l’eliminazione del più piccolo essere indifeso?
Voglio stare qui, mettendoci la faccia e la mia vita. Vale la pena: per le mamme ingannate, per i bimbi innocenti.
Alla luce degli attacchi recenti alla vostra sede e all'Università di Milano contro chi difende la vita, pensi che la libertà di espressione per le persone con i nostri valori sia in pericolo?
Assolutamente sì. Quando si arriva a incendiare una sede o a censurare conferenze in università, è evidente che la libertà di espressione è sotto attacco. Chi difende la vita e la famiglia viene dipinto come un nemico della società. Ma non ci faremo intimidire: continueremo a parlare con coraggio, perché la verità non può essere messa a tacere. Soprattutto perché la verità si difende da sé, a noi solo il compito di mostrarla.
Quale messaggio vorresti inviare alle istituzioni e alle correnti politiche che parlano spesso di "tolleranza", accusano gli altri di odio e violenza, ma tacciono quando vengono compiuti atti di violenza contro il movimento pro-life o contro chi ha semplicemente un'opinione diversa?
Chi tace acconsente. La verità è questa chi non riesce a prendere le distanze dalla violenza è un violento. Ne prendiamo atto e rispondiamo che alle urla scomposte, alle minacce di morte, contrapporremmo sempre con fermezza la forza dell' Amore vero e pieno che ci permette di difendere la Vita senza compromessi, anche quando non conviene, che non lascia indietro nessuno, a partire dal più piccino bimbo nella pancia della sua mamma, fino al fragile nel letto di ospedale; che ci permette di custodire la famiglia generativa come luogo in cui si educa all'alterità; che, assieme e accanto ai nostri uomini, ci invita a non appaltare l'educazione dei nostri figli a chicchessia, soprattutto ai protagonisti di queste violenze cieche e stolte.
Ecco una richiesta: gli antidemocratici, quelli per cui l'emancipazione della donna coincide con una guerra feroce a Vita e Famiglia, non diffondano il loro odio nelle scuole dei nostri figli. Da loro non accettiamo alcun la morale nei consessi pubblici.
Quale messaggio daresti ai giovani che vivono spesso in ambienti come la scuola o l'università, che rifiutano e persino combattono il nostro SÌ incondizionato alla vita? Cosa si può fare per cambiare la cultura in meglio e diffondere il più possibile la cultura della vita?
Ai giovani dico: abbiate il coraggio di pensare con la vostra testa. Non abbiate paura di essere controcorrente: la verità viene dipinta come impopolare, ma è sempre vincente. Non lasciatevi trascinare da ideologie, e guardate ai guru che le propongono. Riscoprite il vostro sogno. Puntate alla pienezza, meritate l’amore, la speranza e la bellezza. In un mondo che vi suggerisce che siete copie interscambiabili, che nessuno è indispensabile e che per questo chiede standard altissimi e folli, riconoscetevi insostituibili: hai un patrimonio genetico unico su 100 miliardi di uomini che hanno calpestato la terra, con una combinazione inedita. Come te , non c’è nessuno! Dopodiché Ambite ad un amore che sia esclusivo, e per sempre! Ambite ad un amore che prometta di esservi accanto anche lì, dove tu non ti sopporti. Ad un amore fecondo che si sacrifichi per te. Insomma, sposatevi: è meraviglioso.
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