Vita famiglia e inclusione: una sfida all’eugenetica del nostro tempo
Marco Galateo
Si è tenuto lunedì 8 dicembre l’evento „Vita, famiglia e inclusione: le sfide del nostro tempo“ a Bolzano, presso il teatro di via Vintola 18.
Tra i relatori erano presenti alcuni personaggi di spicco del partito „Fratelli d’Italia“: i consiglieri comunali Diego Salvadori e Allessandro Forrest, il vice presidente della provincia di Bolzano Marco Galateo, Anna Scarfoni, capogruppo di Fratelli d’Italia per l’Alto Adige. Mentre io (Anna Bonetti), scrittrice e attivista sorda e pro-life, insieme a Pino Morandini ho rappresentato il movimento pro-life italiano. Ho colto l’occasione per presentare il mio romanzo autobiografico „Inattesa“ e raccontare della storia della mia sordità legata al filo di una diagnosi prenatale che poteva decidere se dovevo vivere, oppure no.
Tra il pubblico erano presenti diversi dipendenti di 1000Plus e il Bewegung für das Leben, la versione sudtirolese di madrelingua tedesca del Movimento Per la Vita. C’erano anche diversi membri della comunità sorda bolzanina, tra cui il presidente dell’ENS di Bolzano Benedikt Grasser. La serata è stata resa accessibile grazie a un’interprete della Lingua dei Segni Italiana.
Ad aprire la serata è stato Diego Salvador in qualità di moderatore. A seguire è intervenuto il consigliere comunale Allessandro Forest.Ha colpito profondamente la testimonianza di Anna Scarfoni. Ci ha raccontato la storia di Christopher, il suo figlio adottivo, che era lì presente. Christopher ha una disabilità motoria, facilitata dalla sua sedia a rotelle che gli permette di spostarsi in autonomia. Anna ha più volte ringraziato la possibilità di poter essere la sua madre adottiva, ricordando che se Christopher non avesse avuto la sua disabilità, probabilmente non sarebbe mai stato dato in adozione. Un racconto toccante e commovente che insegna come l’adozione sia sempre un’alternativa all’aborto, anche a quello eugenetico. In seguito, Pino Morandini, con grande entusiasmo ci ha raccontato il suo servizio alla vita che da 50 anni lo vede profondamente coinvolto, in particolare con il Movimento per la Vita Italiano. Colpisce profondamente la sua affermazione: „se il concepito non fosse un essere umano, avrei buttato via 50 anni della mia vita“. Lascia davvero estasiati la grande passione con cui Pino si impegna a difendere la vita, nonostante gli abbiano persino dato fuoco a una macchina perché ha osato difendere i bambini innocenti che quotidianamente vengono soppressi nel grembo materno. Ma con gli occhi colmi di gioia, Pino ci racconta la bellezza dell’operato nei Centri di Aiuto alla Vita e di quanto a volte basta uno sguardo per far cambiare idea a una donna in difficoltà con la gravidanza e accompagnarla verso il suo Sì alla vita, anche nelle situazioni più difficili. Perché si sa che ciò che spinge una donna in difficoltà ad abortire nella stragrande maggioranza dei casi è proprio la solitudine, una società che non propone altre alternative. La falsa illusione che si può riprogrammare una gravidanza in un secondo momento. Eppure guai a ricordare che quel figlio che viene perso nell’aborto, è perso per sempre e non tornerà mai più indietro. Perché già in quel piccolissimo essere umano è inscritto il DNA di un individuo unico e irripetibile, a cui nessuno ha il diritto di negare il più fondamentale dei diritti umani: il diritto alla vita. Ed è proprio affermare questa verità che ci costa un prezzo altissimo: la nostra libertà. Eppure Pino ci fa comprendere che ogni vita che può essere salvata ha un valore infinitamente più grande del prezzo che tocca pagare a chi difende la vita nascente. Per questa ragione ho ricordato che 1000Plus è stata costretta a trasferire la sua sede in Italia dalla Germania per avere uno spiraglio di libertà per aiutare le mamme in difficoltà a dire sì alla vita. Forse non ci rendiamo conto che esistono luoghi nel mondo in cui difendere la vita è diventato addirittura un reato ed è quello che sta succedendo in molti paesi del nord Europa. Ho colto l’occasione per ricordare che proprio nella „civilissima“ Inghilterra si è arrivati a riporre nelle mani di un giudice l’autorità di stabilire chi può vivere e chi invece, deve essere condannato a morte. Infatti nel corso della serata abbiamo ricordato il caso di Indi Gregory, condannata a morte da un giudice che riteneva che la sua vita fosse indegna di essere vissuta perché disabile.
Marco Galateo ci ha ricordato l’importanza di rivendicare la libertà di parola anche a chi difende la vita nascente. Una libertà che spesso viene data per scontata, ma che purtroppo non lo è. Infatti, durante il nostro convegno, un gruppo di ragazzi fuori dal teatro tenevano in mano uno striscione in cui era scritto „nessuno spazio per gli antiabortisti“ e nel frattempo gridavano a squarciagola „il mio corpo, la mia scelta“. Fortunatamente erano tenuti sotto controllo dalla Digos e la serata è stata comunque un successo. I loro volti di quei ragazzi, probabilmente indottrinati e ingannati dalla cultura dominante erano oscurati dal passamontagna, probabilmente nell’idea di nascondere la paura di chi non ha il coraggio di metterci la faccia per difendere le proprie idee. Ed è per questa ragione che dobbiamo continuare ad essere voce per i senza voce, per non permettere a nessuno di negarci la nostra libertà.
L’incontro ha colpito profondamente le persone della comunità sorda lì presente che sono rimaste affascinate da questa realtà a loro nuova. Tanto è vero che finora il mondo pro-life non è stato accessibile per le persone sorde e di conseguenza non avevano mai ricevuto queste preziose informazioni, come per esempio il fatto che l’aborto eugenetico può colpire anche i nascituri affetti da sordità. Nello stesso tempo alcuni genitori tra il pubblico hanno sollevato alla politica locale alcune problematiche riguardanti l’accessibilità nelle scuole, che purtroppo anche nella ricca Bolzano è ancora limitata o inesistente. Allo stesso tempo la politica ha garantito il suo impegno a favore dell’inclusione anche nella società.
Si auspica che questo incontro abbia gettato un seme di speranza anche per l’avvenire, per pensare a una società che sia davvero più inclusiva non solo nel grembo materno, ma anche dopo la nascita. Ed è anche diffondendo una maggiore informazione sulla disabilità che è possibile costruire una società più predisposta all’accoglienza della vita umana anche dei bambini con disabilità.
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